IL DEMONIO NON PUÒ NULLA SULLA VOLONTÀ, POCHISSIMO
SULL'INTELLIGENZA, E TUTTO SULLA FANTASIA.

- Joris Karl Huysmans -


E’ CON SATANA CHE LA TRISTEZZA E L’INQUIETUDINE DISPERATA ENTRANO NEL MONDO
- Georges Bernanos -

PREGHIERA DI PAPA LEONE XIII A SAN MICHELE ARCANGELO

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia contro le malvagità e le insidie del diavolo; sii nostro aiuto. Ti preghiamo supplici: che il Signore lo comandi! E Tu, Principe delle milizie celesti con la potenza che ti viene da Dio, ricaccia nell'inferno satana e gli altri spiriti maligni, che si aggirano per il mondo per perdere le anime. Amen

lunedì 3 marzo 2014

8° tappa: consigli sulla lotta spirituale rivelati a Santa Faustina Kowalska.

 
 
«Figlia Mia, voglio istruirti sulla lotta spirituale. 1. Non confidare mai in te stessa, ma affidati completamente alla Mia volontà.

2. Nell'abbandono, nelle tenebre e nei dubbi di ogni genere ricorri a Me ed al tuo direttore spirituale, che ti risponderà sempre a Mio nome.

3. Non metterti a discutere con nessuna tentazione, chiuditi subito nel Mio Cuore ed alla prima occasione rivelala al confessore.

4. Metti l'amor proprio all'ultimo posto, in modo che non contamini le tue azioni.

5. Sopporta te stessa con molta pazienza.

6. Non trascurare le mortificazioni interiori.

7. Giustifica sempre dentro di te l'opinione dei superiori e del confessore.

8. Allontanati dai mormoratori come dalla peste.

9. Lascia che gli altri si comportino come vogliono, tu comportati come voglio Io da te.

10. Osserva la regola nella maniera più fedele.

11. Dopo aver ricevuto un dispiacere, pensa a che cosa potresti fare di buono per la persona che ti ha procurato quella sofferenza.

12. Evita la dissipazione.

13.Taci quando vieni rimproverata.

14. Non domandare il parere di tutti, ma quello del tuo direttore spirituale; con lui sii sincera e semplice come una bambina.

15. Non scoraggiarti per l'ingratitudine.

16. Non indagare con curiosità sulle strade attraverso le quali ti conduco.

17. Quando la noia e lo sconforto bussano al tuo cuore, fuggi da te Stessa e nasconditi nel Mio Cuore.

18. Non aver paura della lotta; il solo coraggio spesso spaventa le tentazioni che non osano assalirci.

19. Combatti sempre con la profonda convinzione che Io sono accanto a te.

20. Non lasciarti guidare dal sentimento poiché esso non sempre è in tuo potere, ma tutto il merito sta nella volontà.

21. Sii sempre sottomessa ai superiori anche nelle più piccole cose.

22. Non t'illudo con la pace e le consolazioni; preparati a grandi battaglie.

23. Sappi che attualmente sei sulla scena dove vieni osservata dalla terra e da tutto il cielo; lotta come un valoroso combattente, in modo che Io possa concederti il premio.

24. Non aver troppa paura, poiché non sei sola

Quaderno n. 6/2 di Suor Faustina

lunedì 10 febbraio 2014

7° tappa: il discernimento degli spiriti

 
 
Di Padre Fio Mascarenhas, SJ
 
La parola "spirito" fa riferimento a due diversi tipi di forze motivazionali. Lo spirito di un individuo si esprime nella sua inclinazione interiore a compiere il bene o il male, e si manifesta con una regolarità tale che deve essere considerato una caratteristica propria della persona. D’altro canto è possibile che un individuo cada sotto l’influenza di uno spirito estrinseco alla sua personalità, che può venire sia da Dio che dal Diavolo. Il "discernimento degli spiriti" ha appunto il compito di giudicare se un determinato atto o serie di atti siano originati dallo Spirito Santo, dallo spirito diabolico o dallo spirito umano.
Esistono due tipi di discernimento degli spiriti (DS): quello acquisito e quello infuso.
Il DS acquisito è complementare alla direzione spirituale ordinaria e può essere approfondito da chiunque lo voglia esercitare servendosi di strumenti appropriati.
Il DS infuso è invece un dono carismatico che viene concesso da Dio solo a determinate persone.
Il DS acquisito è assolutamente indispensabile per un direttore spirituale o per il responsabile di un gruppo di preghiera, poiché esso è fondamentale per capire quali sono gli spiriti che allontanano da Dio e quando invece interviene lo Spirito Santo che conduce l’uomo a Dio. I mezzi attraverso i quali si acquisisce l’arte de DS sono:
La preghiera, che è il mezzo più importante.
Lo Studio. I responsabili dovrebbero acquistare familiarità con i principi generali della teologia spirituale contenuti nella Bibbia, negli scritti dei maestri di vita spirituale e nelle vite dei santi. È necessario inoltre che abbiano una comprensione profonda e diffusda delle diverse "scuole" di spiritualità.
L’esperienza personale. Se da un lato è vero che ogni persona ha dei tratti e delle caratteristiche uniche, è altrettanto vero che esiste anche un cammino comune a tutti, e che chi non ha una approfondita conoscenza di se stesso difficilmente comprenderà gli altri. Inoltre, se un responsabile non ha raggiunto un certo grado di virtù e di dominio di sé, sicuramente non sarà capace di capire la condizione dei fratelli che deve guidare.

Tipi di spiriti
Esistono tre principali tipi di spiriti: lo Spirito Santo, lo spirito diabolico e lo spirito umano. Lo Spirito di Dio ci rende sempre inclini al bene e opera in noi direttamente o attraverso cause secondarie; il diavolo ci porta sempre verso il male usando i suoi poteri o esercitando su di noi l’attrattiva per le cose del mondo; lo spirito umano può condurci sia verso il bene che verso il male, a seconda dell’intenzione della persona a seguire la retta ragione o i desideri egoistici . Poiché le diverse inclinazioni naturali sono moralmente indifferenti, esse possono essere indirizzate sia verso il bene che verso il male, e la grazia non solo non distrugge la natura ma anzi la perfeziona e la rende soprannaturale, mentre il diavolo si serve della debolezza umana e degli effetti del peccato originale per raggiungere i suoi obiettivi malvagi.
Vi sono poi dei casi in cui, in una determinata azione, interagiscono in noi diversi tipi di spiriti, e, anche quando su un atto predomina lo Spirito Santo, non ne consegue necessariamente che i movimenti anteriori e posteriori ad esso siano altrettanto soprannaturali. Movimenti puramente naturali, coscienti o inconsci, possono rendere l’azione meno pura. Lo Spirito di Dio potrebbe, ad esempio, ispirarmi a digiunare regolarmente, ma il mio spirito potrebbe indurmi a digiunare in modo simbolico così da perdere ogni beneficio spirituale del digiuno; il diavolo potrebbe invece influenzarmi a strafare o a prolungare il mio digiuno per diversi giorni a danno della mia stessa salute.

Lo spirito divino

Alcune caratteristiche generali sono:
Verità. Se una persona continua a sostenere opinioni dichiaratamente contrarie alla verità rivelata, all’insegnamento infallibile della Chiesa o alla teologia comprovata, alla filosofia o alla scienza, bisogna dedurne che essa è ingannata dal diavolo o vittima di un’immaginazione eccessiva o di un ragionamento fallace.
Docilità. Chi è guidato dallo Spirito Santo accetta con pace profonda il consiglio e il parere dei fratelli che esercitano un’autorità su di lui, manifestando sentimenti di umiltà e di nascondimento.
Discrezione. Lo Spirito Santo rende la persona discreta, prudente e attenta in tutto ciò che intraprende. Nulla è precipitoso, frivolo, esagerato o impetuoso; tutto è ben equilibrato, edificante, calmo e pacifico.
Pace. La persona sperimenta una serenità profonda e stabile nella profondità del proprio spirito.
Purezza delle intenzioni. Cerca solo la volontà e la gloria di Dio in tutto ciò che vive e non nutre alcun interesse umano né motivazione dettata dall’amor proprio.
Pazienza nella sofferenza. Sopporta con animo sereno qualsiasi sofferenza senza curarsi di trovarne la causa o di comprendere se sia giusta o meno.
Semplicità. Assieme alla veridicità e alla sincerità, la semplicità non manca mai in chi è mosso dallo Spirito. Non vi è in lui alcuna duplicità, arroganza, ipocrisia o vanità, attegiamenti questi suscitati dal diavolo.
Librtà di spirito. Innanzitutto la persona non è attaccata a nessuna cosa creata, neanche ai doni di Dio, e riceve tutto dalle mani di Dio come dono, con gratitudine e umiltà, nella consolazione come nella prova. Chi invece dimostra una ostinata inflessibilità è animato solo dall’amor proprio e assume un atteggiamento contrario a quello appena esposto.


Lo spirito umano
Esiste un combattimento costante tra la grazia e lo spirito umano, il quale, ferito dal peccato, è fortemente incline all’amor proprio. Lo spirito umano tende sempre a soddisfare il piacere personale, è amico del piacere e nemico della sofferenza. Cerca sempre tutto quello che è compatibile con il suo temperamento, i suoi gusti, i suoi capricci personali o la soddisfazione del suo amor proprio. Non vuole sentire parlare di umiliazioni, pentenza e rinuncia, anzi, vuole solo successi, onori, applausi e svaghi.

Lo spirito diabolico
In genere l’influenza diablica è limitata alla semplice tentazione, sebbene talvolta il diavolo concentri il suo potere su un individuo attraverso l’ossesione diabolica o addirittura la possesione (uno studio dettagliato in materia esulerebbe dall’argomento trattato in questa sede). I segni che la contraddistinguono sono:
Spirito di falsità. Il diavolo è il padre della menzagna, ma nasconde astutamente l’inganno velandolo con false verità, fenomeni pseudo-mistci, ipocrisia, simulazione e doppiezza.
Curiosità morbosa. Caratterizza chi cerca avidamente gli aspetti esoterici dei fenomeni mistici o è affascinato dall’occulto o dal soprannaturale.
Confusione. Ansia profonda depressione, disperazione, mancanza di fiducia e scoraggiamento sono caratteristiche croniche che si alternano alla presunzione, alla vana sicurezza e ad un ottimismo infondato.
Ostinazione. Disobbedienza e durezza di cuore.
Costante indiscrezione. E spirito di irrequietezza. Questi stati d’animo caratterizzano chi tende agli eccessi nel praticare esercizi di penitenza o attività apostoliche e trascura i propri obblighi primari prediligendo altri tipi di lavori.
Spirito di orgoglio e di vanità. Queste persone sono molte ansiose di pubblicizzare i doni ricevuti da Dio e le loro esperienze mistiche.
Impazienza nella sofferenza. E risentimento ostinato.
Passioni incontrollate. E forte inclinazione alla sensualità, attaccamento eccessivo alle consolazioni sensibili, particolarmente nella preghiera.



Le regole del discernimento secondo San'Ignazio da Loyola
S. Ignazio ha indubbiamente ricevuto da Dio un particolare carisma di discernimento. Alla fine del suo libro sugli esercizi spirituali, aggiunge alcune pagine estremamente preziose sui criteri da adottare nel discernimento degli spiriti. Qui riprenderemo solo le più importanti che verranno esposte in forma molto sintetica.
1. "Alle persone che vanno di peccato in peccato, il nemico propone sempre nuovi piaceri e godimenti, perché essi persistano e crescano nei loro vizi". S. Ignazio intende dire che lo spirito del Male agisce in un determinato modo con quelli che gli appartengono e in un altro con coloro che non gli appartengono. Se quelli che gli appartengono lui li conferma nel male mediante nuove proposte di peccato, quelli che appartengono a Cristo lui li porta fuori strada proponendo il bene, ma, come abbiamo detto, un bene non richiesto da Dio e quindi falsificato.
2. "E' proprio del cattivo spirito rimordere, rattristare, creare impedimenti, turbando con false ragioni affinché non si vada avanti". Fin dall'inizio delle regole, siamo messi in guardia da un inganno tremendo: tutti i pensieri che vengono in mente, e che possono essere anche credibili o persuasivi, non devono essere accettati come veri se producono gli effetti che sono propri dello spirito del Male: senso di colpa, tristezza, impedimenti, turbamenti.
3. "E' proprio dello spirito buono dare coraggio, forza, consolazioni, lacrime, ispirazioni e pace, rendendo facili le cose e togliendo ogni impedimento, affinché si vada avanti nel bene operare". Se i pensieri sono accompagnati da questi fenomeni, allora si può essere tranquilli di non cadere nell'inganno del diavolo. Anzi, S. Ignazio raccomanda anche vivamente di non prendere mai decisioni quando il proprio animo non ha le caratteristiche dell'opera dello Spirito, perché il rischio che la decisione sia ispirata dal male è in agguato. Al contrario, prima di prendere una decisione importante occorre attendere che nell'animo passi ogni forma di turbamento e ritornino la pace e la consolazione dello Spirito.
4. S. Ignazio specifica anche che i fenomeni interiori generati dallo Spirito di Dio lui li racchiude in una sola parola: "consolazione". Con questo termine S. Ignazio intende lo stato di calma e di pacificazione interiore e, di conseguenza, l'assenza di ogni ombra o turbamento, che vengono solo dal Maligno. Inoltre, specifica che le lacrime che provengono dallo Spirito non sono lacrime di tristezza ma lacrime che danno un senso di liberazione e accendono la persona a nuove decisioni di servizio a Dio, al Vangelo e all'uomo. La "consolazione" comporta anche un senso di elevazione verso Dio, un gusto delle cose spirituali e l'aumento intensivo delle virtù teologali.
5. Il contrario della consolazione è la "desolazione". Con questa parola Ignazio sintetizza tutti i fenomeni che la vicinanza del Maligno produce nell'animo umano, e li elenca così: oscurità dell'anima, turbamento, inclinazione alle cose terrene, sfiducia, mancanza di speranza e di amore, tiepidezza, pigrizia e tristezza.
6. "In tempo di desolazione non si facciano mai mutamenti, ma si resti saldi e costanti nei propositi e nelle decisioni che si avevano nel tempo della consolazione". Questa regola è la diretta conseguenza di quanto è stato affermato prima: se l'anima è in stato di turbamento, ciò significa che non è sotto l'influsso dello Spirito di Dio ma sotto il suo contrario, e se non è sotto l'influsso dello Spirito di Dio, tutti i pensieri che nascono in quello stato, per quanto possano essere convincenti nelle loro argomentazioni, sono tuttavia illuminati dalla luce menzognera e dalla suggestione di Satana, E QUINDI NON AFFIDABILI. Per questo, solo al ritorno della consolazione interiore, si potrà tornare ad avere fiducia nei propri pensieri.
7. Cosa fare nel tempo della "desolazione"? S. Ignazio vi dedica la regola 319: "Gioverà molto reagire intensamente contro la stessa desolazione, restando per esempio più tempo nella preghiera e nella meditazione, soffermandosi nell'esame di coscienza e protraendo, secondo che sarà meglio, qualche tipo di penitenza". Ci sembra molto chiaro il principio di fondo: S. Ignazio intende dire che, nello stato di desolazione, la cosa peggiore che si possa fare è quella di credere ai contenuti che Satana suggerisce nelle sue potenti suggestioni e non reagire coi mezzi che la Chiesa ha messo a nostra disposizione: la preghiera, la meditazione della Parola, la penitenza.
8. Alla regola 322 S. Ignazio risponde alla domanda circa la motivazione per la quale Dio lascia per qualche tempo un battezzato in balìa della desolazione: "Tre sono le cause del perché ci troviamo desolati: la prima è la nostra lentezza nella crescita spirituale, la seconda è dovuta al fatto che Dio vuole mostrarci praticamente quello che siamo senza la sua Grazia, la terza perché una medicina contro l'orgoglio e la superbia spirituale".
9. Ignazio dedica anche alcune considerazioni alla strategia tenuta da Satana nel tentare l'uomo, e lo fa con paragoni tratti dalla vita quotidiana. Innanzitutto dice che il Maligno somiglia a coloro che fanno la voce grossa coi deboli, ma si indeboliscono dinanzi ai forti: "E' proprio del nemico indebolirsi, perdersi d'animo e indietreggiare con le sue tentazioni quando la persona che si esercita nelle cose spirituali si oppone con fermezza alle sue tentazioni. Ma se, al contrario, la persona comincia ad avere timore o a perdersi d'animo nel fronteggiare le tentazioni, non c'è sulla faccia della terra bestia più feroce di lui". Molto spesso, quindi, Satana gioca le sue carte da bravo illusionista per ingenerare nel nostro animo lo scoraggiamento. Non c'è niente che gli torni più utile, visto che lui può aumentare la sua forza nella misura in cui diminuisce la resistenza del battezzato nel combattimento spirituale. Quando ci fa credere di avere la situazione in pugno è invece il segno della sua debolezza: appunto perché percepisce il suo indebolimento, fa in modo che la persona si perda d'animo, così da recuperare il terreno perduto precedentemente nella lotta.
10. E ancora nella regola 326: "Il nemico si comporta come un falso amante che vuole restare nascosto; infatti, come il falso amante desidera che le sue parole e i suoi progetti restino segreti, mentre al contrario gli dispiace molto se vengono portati alla luce, così agisce lui. Quando il nemico della natura umana esercita la sua suggestione, e suggerisce le sue menzogne a un'anima retta, vuole e desidera che siano accolte e tenute in segreto, mentre gli dispiace molto se questa le scopre al suo confessore o ad altra persona spirituale". Qui siamo certamente a un punto cruciale del discernimento. La chiusura nei confronti del confessore, o la tendenza a nascondere determinati pensieri che pure hanno un peso, è un "segno" preoccupante che la persona deve leggere nella valutazione di se stessa. Di solito, alla suggestione che afferra il pensiero, si accompagna anche una strana ripugnanza ad aprirsi col pastore. Spesso, basta aprirsi, superando se stessi anche con fatica, per constatare subito che la suggestione svanisce rapidamente nel nulla appena si comincia ad aprire bocca.
11. Regola 327: "Come il capitano di un esercito, dopo avere piantato la tenda di comando e osservato le postazioni o la posizione di un castello, lo attacca dalla parte più debole, così il nemico della natura umana, circondandoci, esamina tutte le nostre virtù e ci attacca dove ci trova più deboli". Altra regola di importanza somma. Occorre conoscere i propri lati deboli nel cammino di fede, perché è lì che Satana ci attacca. Quindi è lì che dobbiamo vigilare. Se lasciamo sprovviste di difese le zone più deboli del nostro castello interiore, ci troveremo ben presto il nemico in casa



Il discernimento degli spiriti e i Padri della Chiesa
di Thomas Spidlik
 
Discernimento degli spiriti
La Bibbia presenta all’uomo delle scelte, a cui egli non può sottrarsi (Gn 2,17; 12,4 ecc.) Queste scelte vengono però ostacolate; infatti contro la voce divina, misteriosa, un’altra voce si fa sentire, quella del peccato, di Satana, anch’essa misteriosa. Come discernere l’una dall’altra? Testimoniare la voce di Dio è stato il compito dei profeti, e i libri sapienziali sono stati scritti proprio per insegnare a distinguere la voce della sapienza da quella della follia, la voce dei giusti da quella degli empi. Nelle epistole del Nuovo Testamento figura esplicitamente l’espressione «discernimento degli spiriti» (1Cor 12,10; lGv 4,1).
Questo problema non cessa di occupare un posto di primo piano nella letteratura spirituale. Origene discute attentamente della diversa ori­gine degli spiriti capaci di agire in noi. Antonio e i monaci semplici in Egitto ne parlano in modo più concreto, descrittivamente; al con­trario l’insegnamento di Evagrio è sistematico. Le regole fondamentali formulate da Cassiano sono le più complete del suo tempo, e dopo di lui Diadoco di Foticea, che combatte le dottrine messaliane, dà grande spazio alla problematica del discernimento tra le vere e false consolazi­ni e desolazioni. Continuando questa tradizione, in tempi più” recenti, Teofane il Recluso interpreta le regole riprendendo il testo di L. Scupoli.

Discernimento come dono di Dio, arte spirituale e frutto di esperienza

Per san Giovanni l’esperienza spirituale è un’«unzione»; uno stato di luce (lGv 2,20.27). Secondo Diadoco di Foticea lo Spirito Santo è la «lampada» di questa scienza spirituale. Per Paisij Velickovskij il discernimento è «la comprensione spirituale data da Dio».
L’esperienza del discernimento è dunque inseparabile dalla pratica dei comandamenti, dalla carità (cfr. lGv 2,3; Fil 1,9). Antonio ha det­to: «E’ necessaria molta preghiera e ascesi affinché, dopo aver ricevuto dallo Spirito il carisma del discernimento degli spiriti, si possa conoscere ciò che concerne ciascuno dei demoni...».
La conoscenza degli spiriti, inoltre, è frutto di lunga osservazione: «Dopo una lunga osservazione (metà polles katatereseòs) - dice Evagrio - abbiamo riconosciuto questa differenza tra i pensieri angelici, i pensieri umani e quelli che vengono dai demoni». I demoni si rivelano infatti per il loro comportamento, per la frequenza e il modo dei loro attacchi, ma soprattutto per i pensieri che ispirano. Si può acquistare un «senso» speciale, un’intuizione spirituale, fino a diventare capaci di riconoscere un cattivo pensiero «dal cattivo odore caratteristico dei demoni»

Le regole psicologiche» a seconda del modo di agire degli spiriti

Se Evagrio distingue soprattutto le diverse categorie di pensieri che i demoni suggeriscono all’uomo, Antonio osserva invece soprattutto gli stati psicologici prodotti dall’azione degli spiriti nell’anima. Il grande discorso di Antonio enuncia la

Regola d’oro del discernimento:
Le buone aspirazioni fanno nascere «una gioia inesprimibile, il buon umore, il coraggio, il rinnovamento interiore, la fermezza dei pensieri, la forza e l’amore per Dio»; le altre, invece, portano con sé «paura dell’anima, turbamento e disordine dei pensieri, tristezza, odio contro gli asceti, acedia, afflizione, ricordo dei parenti, timore della morte e infine desideri cattivi, pusillanimità per la virtù e disordine dei costumi».

Più tardi questa regola è stata semplificata in un assioma: Quidquid inquietat est a diabolo. Evagrio parla di «stato pacifico» e di «stato turbato». In seguito gli autori si resero però conto del fatto che distinguere una «consolazione» da una «desolazione» non è sufficiente a discernere la loro origine: il demonio è infatti un ingannatore. «Quando il nostro intelletto incomincia a sentire la consolazione dello Spirito Santo - nota Diadoco - allora anche Satana consola l’anima con un sentimento di finta dolcezza, nel riposo della notte, quando si soccombe all’influenza di un sonno leggerissimo».
A ben guardare già l’istruzione di Antonio non si limitava a parlare di gioia o, al contrario, di tristezza, ma sottolineava piuttosto la contrapposizione più sottile fra katàstasis e akatastasìa. Si potrebbe, dunque, dire che le manifestazioni angeliche sono «secondo natura», mentre quelle demoniache turbano l’ordine naturale, che è buono.
Anche se il demonio prende la forma di un angelo di luce (2Cor 11,14), con la farsa apparenza di luce», «dimena gentilmente la coda», lo si riconosce tuttavia dalle opere, dall’effetto che produce sull’immagine di Dio nell’anima, ed è questo il criterio decisivo del discernimento fra «stato pacifico» e «stato turbato».
In particolare si esortano i monaci a fare attenzione ai punti deboli delle loro virtù, oppure all’immoderazione nella loro ascesi. «Quando, nella loro lotta contro i monaci, i demoni sono impotenti, allora si ritirano un pò osservando quale virtù è negletta in quel momento, ed è li che fanno subito irruzione per fare a pezzi l’anima disgraziata». Spingendo l’ascesi all’esagerazione, i demoni cercano di «distoglierci da ciò che può essere fatto e di costringerci a fare ciò che è impossibile».

venerdì 17 gennaio 2014

Per quale ragione il peccato di satana è imperdonabile? (Cf. 391-395; 2851-2854 CCC)


Seguendo le linee del Catechismo della Chiesa Cattolica è possibile comprendere perché se Dio Padre è Sommo Bene non ha potuto usare quella stessa misericordia di cui l’uomo beneficia, quando cade nel peccato, nei riguardi di satana.
L’elemento chiave è rappresentato dalla volontà, ovvero dalla scelta di riconoscere l’errore e partendo da tale riconoscimento implorare il perdono divino.
 
In Lucifero, e così nelle schiere angeliche che hanno partecipato alla ribellione, ciò che è stato deficitario è il pentimento, precedente il quale c’è l’accusa della propria mancanza e, successivamente tale riconoscimento, l’implorazione della celeste misericordia. Satana ha deliberatamente scelte di resistere alla relazione d’amore con la Trinità ed in ciò è ravvisabile quello che rappresenta il più grave dei vizi capitali: la superbia. Da essa, infatti, discendono gli altri sei vizi: avarizia, lussuria, invidia, gola, ira e accidia, contrapposti ai quali troviamo le tre virtù teologali (fede, speranza e carità) e le quattro virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza).
La resistenza al bene, nell’ottica dell’utilizzo del libero arbitrio verso la scelta di riconoscere il male commesso, ha un’ulteriore risvolto: genera quello che da Cristo stesso è stato definito il peccato imperdonabile, cioè la bestemmia contro lo Spirito Santo. Ci ammonisce il Signore: “In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna[1]”. Esso è ravvisabile nel rifiuto di ciò che lo Spirito di Dio rappresenta nella relazione trinitaria: l’Amore[2]. È per suo mezzo che gli esseri viventi ricevono il perdono (nel sacramento della confessione) delle colpe (e attraverso l’indulgenza, plenaria o parziale, la remissione delle pene). Nel rifiuto del Paraclito v’è insita la bestemmia indirizzata verso Dio consistente nella superba ammissione che la sua onnipotenza non è tale da poter andare oltre ogni genere di impurità: “Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana”, ci ricorda il profeta Isaia[3]. Dunque, il perdono di Lucifero era possibile formalmente, ma non sostanzialmente poiché semplicemente, quanto drammaticamente, lo ha rifiutato dato che se avesse accolto la grazia avrebbe dovuto ammettere il proprio errore, sottomettersi alla potenza divina ed umiliarsi sotto la sua potente mano riconoscendosi creatura bisognosa della grazia dell’Eterno per sussistere e rimanere lontano dalla morte eterna.
Una simile dinamica la ritroviamo nell’analisi di due vicende evangeliche. Protagonisti sono Pietro e Giuda.  Osservando la specie di trasgressione, il peccato più grave fu commesso da San Pietro giacché rinnegò Cristo per ben 3 volte[4]! Il rinnegamento è espressione di un tradimento profondo dal momento che presuppone la conoscenza della perdona tradita. La dinamica è: conoscere e ignorare. Giuda, al contrario, se è vero che vendette Gesù per trenta denari[5], è vero anche che andò a restituirli ai sacerdoti nel Tempio dichiarando espressamente loro che aveva commesso un tragico errore denunciando  sangue innocente, cioè un uomo senza colpa[6]. La differenza tra i due? Pietro si è lascito amare così come era, peccatore ed infedele, riconoscendosi tale e affidandosi interamente all’amore misericordioso del Signore che tutto trasforma e purifica quando l’intenzione di cambiare vita è sincera e concreta. Giuda non ha creduto nella potenza redimente dell’amore di Gesù e questo, quando accade, porta alla disperazione e alla morte, spirituale e fisica. 




[1] Mc 3, 28-29
[2] Volendo semplificare l’interazione tra le Persone della Santissima Trinità  è  possibile schematizzare in questo modo la consustanzialità (stessa sostanza, quanto alla divinità) che la caratterizza:
-      Dio Padre è L’Amante;
-      Dio Figlio è L’Amato;
-      Dio Spirito Santo è L’Amore.
[3] Is 1,18
[4] Mt 26,69-75, Mc 14, 72
[5] Mc 14, 10-11; Matteo 26, 14-16; Lc 22, 1-6
[6] Matteo 27, 3-5

martedì 19 novembre 2013

6° tappa - Il combattimento spirituale nei Padri del deserto: Sant'Isacco di Ninive

LA LOTTA SPIRITUALE
 
"Sono caduto, ma di nuovo mi rialzo; sono seduto nella tenebra, ma il Signore mi illumina"

GLI STRUMENTI DEL COMBATTIMENTO

C'è un tempo per la tentazione e un tempo per la consolazione. Una parte della lotta perdura fino alla morte: non sperare di qui la liberazione piena da essa.
Teniamo bene nell'intelligenza questo: per tutto il tempo in cui siamo in questo mondo e abitiamo in questo corpo, se anche fossimo innalzati fino alla volta dei cieli, non ci è possibile restare senza fatica e avver­sità, e senza preoccupazione.

Per ogni opera c'è una misura e per ogni pratica è noto un tempo. Chiunque cominci prima del tempo qualcosa che è superiore alla sua misura ne ha doppio danno e nessuna utilità.

La tua reclusione è una stanza nuziale.

Nostro Signore ha posto davanti a te la croce perché tu sentenzi la morte sulla tua anima; e solo allora lascerai la tua anima andare dietro a lui.

Quando le infermità, i bisogni, il tormento del corpo, o la paura che viene dalle sue pene, turba il tuo pensiero allontanandolo dalla gioia della tua speranza e dalla meditazione limpida del Signore nostro, sappi che in te vive il corpo e non Cristo.

Non c'è nulla che avvicini il cuore a Dio quanto la compassione; e non c'è nulla che dia pace al pensiero quanto la povertà volontaria.
Ama i poveri, e grazie a essi troverai misericordia.

Se un'arte visibile agli occhi richiede tanto tempo e fedeltà di impegno, quanto più l'arte dello Spirito, che l'occhio non vede, per la quale non si conosce ciò da cui la si può apprendere, e che necessita di una grande purezza! Il maestro in questo è lo Spirito, e l'arte è nascosta.

Non pensare, o uomo, che tra tutte le fatiche degli asceti vi sia una pratica più grande e più preziosa della fatica della veglia.
L'anima che si affatica nella condotta della veglia diventerà esperta, otterrà occhi di cherubino per la finezza dello sguardo e l'acume.

Il digiuno è la dimora di tutte le virtù, e chi lo disprezza mette a repentaglio tutte le virtù.

E' nel grembo della castità che spuntano le ali dell'Intelletto, per mezzo delle quali esso si leva verso l'amore divino; quell'amore nel quale si osa scrutare l'oscurità.

Dimora nella tua cella, e la cella ti insegnerà ogni cosa.
La solitudine ci rende partecipi della mente divina e, in poco tempo e senza ostacoli, ci avvicina alla limpidità del pensiero.

La quiete è il principio della purificazione dell'anima.
Infatti, ogni volta che si acquieta da tutti i moti dell'udito e della vista, il solitario vede, in modo luminoso, Dio e se stesso, e attinge dall'anima acque limpide e dolci, che sono i soavi pensieri della saldezza.


I. LA LOTTA SPIRITUALE


1. Continuità della lotta

Finché uno non odia di cuore e in verità la causa del peccato, non è liberato dalla dolcezza che esso produce nel cuore; tale dolcezza è la potenza della lotta che si leva contro l'uomo fino al sangue.
Quanto più un uomo entra nella lotta per Dio, tanto più si avvicinerà alla parresia del cuore nella sua preghiera.
La lotta non termina in un attimo, né la grazia viene tutta intera in una volta e abita nell'anima. Ma un pò e un pò; ci sarà l'una e l'altra: c'è un tempo per la tentazione e un tempo per la consolazione. Una parte della lotta perdura fino alla morte: non sperare di qui la liberazione piena da essa.
Questo mondo è la palestra della lotta e lo stadio della corsa; e questo tempo è il tempo del combattimento. E il luogo del combattimento e il tempo della lotta non sono soggetti a una legge. Ciò significa che il re non ha posto un limite ai suoi lavoratori, finché non sia finita la lotta e non siano tutti radunati nel luogo del Re dei re. Lì sarà esaminato colui che ha perseverato nella battaglia e non ha ricevuto sconfitta, e colui che non ha voltato le spalle. Infatti, quante volte è accaduto che un uomo buono a nulla, che a causa della sua mancanza di esercizio era costantemente battuto e gettato a terra, e che era sempre in uno stato di fragilità, abbia afferrato lo stendardo dell'accampamento dei figli dei valorosi, e il suo nome sia diventato famoso più di quello di coloro che erano stati diligenti, di coloro che si erano distinti, degli abili e degli istruiti, e abbia ricevuto la corona e doni più preziosi di quelli dei suoi compagni.
Perciò, nessuno abbandoni la speranza. Solo: non disdegni la preghiera e il chiedere aiuto a nostro Signore.
Teniamo bene nell'intelligenza questo: per tutto il tempo in cui siamo in questo mondo e abitiamo in questo corpo, se anche fossimo innalzati fino alla volta dei cieli, non ci è possibile restare senza fatica e avversità, e senza preoccupazione.

2. Ricominciare
Altro sono gli inciampi e le cadute posti sulla via della virtù e sulla corsa della giustizia, secondo la parola dei padri: "Sulla via della virtù ci sono cadute, mutamenti, violenza, eccetera". Altro è invece la morte dell'anima, la completa distruzione e la desolazione totale.
Ecco come si fa a conoscere che si è nel primo caso: se uno, anche cadendo, non dimentica l'amore del Padre suo; e, pur essendo carico di colpe di ogni genere, la sua sollecitudine per la sua opera bella non è interrotta; se non smette la sua corsa; se non è negligente nell'affrontare di nuovo la battaglia contro le stesse cose dalle quali è stato sconfitto; se non si stanca di ricominciare, ogni giorno, a costruite le fondamenta della rovina del suo edificio, avendo sulla sua bocca la parola del Profeta: Fino all'ora del mio passaggio da questo mondo, non rallegrarti di me, o mio nemico! Perché sono caduto, ma di nuovo mi rialzo; sono seduto nella tenebra, ma il Signore mi illumina ".
Così non cesserà di combattere fino alla morte; non si darà per vinto finché ci sarà respiro nelle sue narici; e anche se la sua nave naufragasse ogni giorno e i risultati ottenuti dal suo commercio finissero nell'abisso, non cesserà di prendere a prestito e caricare altre navi e navigare con speranza. Finché il Signore, vedendo la sua sollecitudine, avrà pietà della sua rovina, rivolgerà a lui le sue misericordie e gli darà incitamenti potenti per sopportare e affrontare i dardi infuocati del male.
Questa è la sapienza che viene da Dio, e chi è malato di questo è sapiente.

3. Convertire le fatiche

Nella notte in cui sudò, il Signore nostro ha trasformato il sudore della fatica su di una terra che fa crescere spine e cardi in sudore che si mescola alla preghiera.
Il vento feconda i frutti della terra e lo Spirito di Dio i frutti dell'anima. L'ostrica nella quale la perla è plasmata riceve dall'aria il suo riempimento, come dice il nome; fino a quel momento è invece carne spoglia. Così avviene per il cuore del monaco: finché non riceve il suo riempimento celeste, per mezzo del discernimento, la sua pratica è ancora spoglia; e in lui, nella sua ostrica, non c'è consolazione.
I frutti degli alberi sono aspri e sgradevoli al gusto e non sono buoni da mangiare, finché non penetra in essi la dolcezza che viene dal sole. Così le vecchie fatiche della conversione sono amare e molto sgradevoli, e non danno consolazione al solitario, finché non penetra in esse la dolcezza della contemplazione che rimuove il cuore dalle realtà terrene e il solitario non dimentica se stesso.
Le pratiche del corpo senza le bellezze del pensiero sono un grembo sterile e mammelle asciutte; non avvicinano alla conoscenza di Dio. Alcuni hanno il corpo affaticato, ma non si curano di sradicare le passioni dal loro pensiero: neppure essi raccoglieranno; non raccoglieranno proprio nulla!
Come un uomo che semina tra le spine e non può raccogliere, così è colui che rovina la propria intelligenza con la preoccupazione, l'ira e il desiderio di ammassare ricchezze e intanto geme sul suo letto per le molte veglie e astinenze.
Per ogni opera c'è una misura e per ogni pratica è noto un tempo. Chiunque cominci prima del tempo qualcosa che è superiore alla sua misura ne ha doppio danno e nessuna utilità.
Nulla è simile alle fatiche misurate, quando sono accompagnate dalla fedeltà. La loro mancanza provoca un eccesso di desiderio, mentre il loro eccesso dà luogo alla confusione.

4. Discernere l'ambiguo
C'è una fiducia in Dio che è accompagnata dalla fede del cuore e che è bella e deriva dal discernimento della conoscenza; e ce n'è un'altra che è insipida e deriva dalla stoltezza: questa seconda fiducia è fallace.
Il coraggio del cuore e il fatto che uno disprezzi tutti i pericoli, procedono da una di queste due cause: o dalla durezza del cuore, o da una grande fede in Dio. All'una è congiunto l'orgoglio, all'altra invece l'umiltà di cuore.
Il silenzio continuo e la custodia della quiete perseverano nell'uomo per una di queste tre cause: o in vista della gloria degli uomini, o a motivo dell'ardore infuocato per la virtù, o perché si ha nell'intimo una qualche consuetudine con Dio che attira a sé il pensiero. Chi non possiede queste ultime due cause, quasi necessariamente si ammala della prima.
Una condotta che non ha occhi è vana; perché, a causa della sua distrazione, conduce facilmente al disgusto. Prega il Signore nostro perché procuri occhi alla tua condotta; di qui comincia a sgorgare per te la gioia. Allora le tribolazioni saranno per te dolci come un favo. Di qui troverai che la tua reclusione è una stanza nuziale.
La vigilanza del discernimento è migliore di qualsiasi atteggiamento che si possa assumere davanti alle varie situazioni degli uomini.
È meglio l'aiuto che viene dalla vigilanza, dell'aiuto che viene dalle opere.
La vigilanza aiuta l'uomo più delle opere. L'ozio danneggia solo i giovani, la rilassatezza, invece, anche i perfetti e gli anziani.
II. GLI STRUMENTI DELLA LOTTA
1. Il rinnegamento
DISCEPOLO: Cosa faremo al corpo che, quando è attorniato dalle disgrazie, a causa di esse viene meno alla volontà di desiderare i beni e la saldezza di un tempo?
MAESTRO: Questo avviene per lo più a coloro che in parte sono usciti dietro a Dio, ma in parte sono rimasti nel mondo. Cioè il loro cuore non è ancora capace di staccarsi da qui, ma sono divisi in se stessi, poiché una volta guardano dietro di sé e una volta guardano davanti. Ritengo che il sapiente ammonisca costoro, che si accostano alla via di Dio in una tale divisione, quando dice: "Non accostarti ad essa con due cuo­ri; ma avvicinati ad essa come chi semina e come chi miete". E ancora nostro Signore, a coloro che vogliono rendere perfetto questo esodo, vedendo che tra di loro vi sono alcuni uomini come questi la cui volontà è pronta ma i cui pensieri sono ancora attratti indietro dalla paura delle tribolazioni, causata dall'amore del corpo che non hanno ancora deposto da se stessi, per togliere da loro la fiacchezza del pensiero, dice: "Chi vuol venire dietro a me, prima rinneghi se stesso".
Qual è il rinnegamento qui ricordato? E' il rinnegamento che avviene nel corpo, a immagine di colui che, preparandosi a salire sulla croce, prende nei suoi pensieri l'intelligenza della morte e allora esce come uno che pensa di non avere più una parte in questa vita. Questo significa: Prenda la sua croce e venga dietro a me. Chiama croce la volontà pronta a ogni tribolazione. E spiegando perché sia così, dice: "Chi vuole che la sua anima viva in questo mondo, la fa perire alla vita vera; ma chi fa perire se stesso a causa mia qui, si ritroverà di là". Cioè, chi dirige i suoi passi sulla via della crocifissione, ma poi è ancora sollecito per questa vita del corpo, fa decadere la sua anima dalla speranza per la quale era uscito a patire.
Nostro Signore ha posto davanti a te la croce perché tu sentenzi la morte sulla tua anima; e solo allora lascerai la tua anima andare dietro a lui.
Non c'è nulla che sia potente come l'essere senza speranza in se stessi; questo non può essere sconfitto né da qualcosa di favorevole né da qualcosa di sfavorevole. Quando un uomo, nel suo pensiero, ha abbandonato la speranza che viene dalla sua vita, nessuno potrà essere più coraggioso di lui, e nessun nemico potrà attaccarlo, e non c'è afflizione il cui sentore potrà fiaccare la sua intelligenza. Perché ogni afflizione esistente è inferiore alla morte, e lui ha lasciato che la morte venisse su se stesso.
Non c'è nessuno che ami qualcosa e non cerchi di moltiplicarne gli effetti. Non c'è nessuno che cerchi di occuparsi delle cose divine se non si è allontanato e non ha disprezzato quelle temporali, facendosi straniero all'onore del mondo e alle sue dolcezze, e stringendosi all'obbrobrio della croce, bevendo ogni giorno aceto e amarezze a motivo di passioni e uomini e demoni e miseria.

2. La rinuncia
Abbandona le cose di poco valore per trovare quelle preziose. Sii morto nella vita e così non vivrai nella morte. Fa' che la tua anima muoia nella sollecitudine, e non che viva nella condanna.
Non sono martiri solo coloro che a causa della fede in Cristo accolgono la morte, ma anche coloro che muoiono per custodire i suoi comandamenti.
A ogni parola dura che l'uomo sopporta con discernimento, eccetto il caso che sia lui la causa dell'offesa, egli riceve sulla sua testa una corona di spine a motivo di Cristo; e sarà beato e anch'egli sarà incoronato in un tempo che non conosce.
Colui che fugge la gloria, coscientemente, sperimenta in se stesso la speranza del mondo futuro.
Colui che ha professato l'allontanamento dal mondo e poi litiga con gli uomini a motivo delle cose, per non essere impedito nel fare ciò che gli piace, è completamente cieco. Infatti, ha abbandonato l'intero mondo volontariamente, e ora litiga per una parte di esso.
Colui che fugge gli agi di quaggiù, ha il pensiero fisso al mondo futuro.
 
Colui che possiede beni è schiavo delle passioni; e non considerare beni solo l'oro e l'argento, ma tutto ciò che tu possiedi con il desiderio della tua volontà.
Se hai abbandonato l'intera realtà del mondo, volontariamente, non contendere con nessuno per piccole parti di esso.
L'albero, finché non fa cadere le vecchie foglie, non fa spuntare i nuovi rami; così il solitario, finché non scrolla dal suo cuore i suoi vecchi ricordi, non fa spuntare i nuovi rami per mezzo di Gesù Cristo.
3. Un desiderio più grande
DISCEPOLO: Come può l'uomo uscire completamente dal mondo?
MAESTRO: Per mezzo del desiderio suscitato dalla memoria dei beni futuri, quelli che la divina Scrittura semina nel suo cuore con la dolcezza dei suoi versetti colmi di speranza. Infatti, il pensiero non può disprezzare il suo amore di prima, finché un desiderio più eccellente non si contrappone a quelle cose che sono ritenute gloriose e piacevoli, dalle quali l'uomo è posseduto.
Ciò che ogni uomo desidera lo si conosce dalle sue opere; egli sarà sollecito a chiedere nella preghiera ciò che gli sta a cuore; e ciò per cui prega, avrà cura di manifestarlo anche nelle opere palesi.
Chi desidera intensamente le cose grandi, non si preoccupa di quelle piccole.
Quando in te l'amore per Cristo non è forte al punto da renderti, per la gioia in lui, impassibile a tutte le afflizioni, sappi che in te il mondo vive più di Cristo. Quando le infermità, i bisogni, il tormento del corpo, o la paura che viene dalle sue pene, turba il tuo pensiero allontanandolo dalla gioia della tua speranza e dalla meditazione limpida del Signore nostro, sappi che in te vive il corpo e non Cristo. In te vive ciò il cui amore ha su di te più potere.
4. La povertà
Ama la povertà con perseveranza, perché il tuo pensiero sia raccolto dalla dispersione. Odia la sovrabbondanza, per essere preservato dalla confusione dell'intelligenza. Taglia corto con le molte cose e prenditi cura delle tue condotte, perché la tua anima eviti di dissipare la quiete interiore.
Se possiedi qualcosa in più rispetto al nutrimento quotidiano, vai dallo ai poveri; poi vieni, presenta la preghiera con parresia, cioè parla con Dio come un figlio fa con suo padre.
Non c'è nulla che avvicini il cuore a Dio quanto la compassione; e non c'è nulla che dia pace al pensiero quanto la povertà volontaria.
Come non è possibile che la salute e la malattia siano in uno stesso corpo, senza che una di esse sia eliminata dall'altra, così non è possibile che il denaro e l'amore siano in una stessa casa, senza che uno di essi distrugga l'altro.

Finché un uomo si trova nella povertà, l'esodo dalla vita si leva continuamente nel suo pensiero; è in ogni istante medita sulla vita che seguirà la resurrezione, e in ogni momento si industria nella preparazione di ciò che è utile per l'aldilà.
Ma quando accade che, per una qualche causa, una delle cose transitorie cade in mano sua ed egli l'acquista per opera di colui che è sapiente in ogni cosa malvagia, immediatamente l'amore del corpo inizia a muoversi nella sua anima, egli pensa di avere una vita lunga davanti a sé, e i pensieri relativi al riposo del corpo fioriscono in lui in ogni momento. Egli trattiene il suo corpo, se possibile, perché non sia vessato da nulla, e si industria in tutte quelle cose che possono dare riposo al corpo. Ma così si priva di quella libertà che non asservisce ad alcun pensiero di timore; e quindi medita e riflette su tutti quei moti che producono la paura e che sono cause di timore, perché egli è ormai privato del coraggio del cuore, coraggio che aveva quando, grazie alla povertà, si era levato al di sopra del mondo.
Ama i poveri, e grazie a essi troverai misericordia.
5. La memoria degli inizi
Quando tu sperimenti la sconfitta, la fragilità, la mancanza di entusiasmo, e ti ritrovi legato e incatenato dal tuo avversario in una terribile miseria e nello spossamento che la pratica del peccato produce, rievoca al tuo cuore l'ardore dei primi tempi, quando mostravi sollecitudine anche per le piccole cose, eri mosso da zelo contro ciò che impediva il tuo cammino, esprimevi dolore per piccolissime cose da te trascurate senza tua colpa e cingevi intera la corona della vittoria, a motivo di tutto ciò.
Allora, per mezzo di tali ricordi e di altri simili, la tua anima si sveglierà come dal sonno, si rivestirà di ardente zelo e si leverà dal suo torpore, come dalla morte. Si raddrizzerà e farà ritorno al suo posto di prima, all'acceso combattimento contro Satana e contro il peccato.
Tu, uomo che sei uscito dietro a Dio, in ogni tempo della tua lotta, ricordati sempre dell'inizio, di quel primo ardore che fu al principio del cammino, di quel pensiero infuocato nel quale sei uscito dalla tua dimora di un tempo e nel quale la tua anima è andata a schierarsi in battaglia. Esamina te stesso ogni giorno, perché non si smorzi il calore della tua anima fino a perdere quell'ardore di cui eri acceso; che tu non venga a mancare di nulla dell'armatura di cui eri cinto al principio della tua lotta.
Un anziano aveva scritto sulle pareti della sua cella varie frasi, pensieri di vario contenuto e parole mirabili e diverse su tutti i pensieri. E gli fu chiesto: "Cos’é questo, abba?". Rispose: "Sono i pensieri di giustizia che mi sono comunicati dall'angelo che è presso di me e dai retti moti della natura. Io li scrivo quando mi trovo in queste dimore, affinché, nel tempo della tenebra, io mi intrattenga con essi, e così mi salvino dall'errore".

6. L'attenzione alle piccole cose
Chi trascura le cose piccole, anche nelle grandi sarà un mentitore e un ingannatore.

Non rigettare le cose piccole, per non essere privato di quelle grandi. Non si è mai visto un infante che succhia il latte mettere carne nella sua bocca. Per mezzo delle cose piccole si apre la porta alle grandi.
Senza caricarsi del fardello delle cose piccole, non è possibile sfuggire ai grandi mali.
Con ciò con cui hai perso i beni, con quello stesso devi riacquistarli. Tu devi a Dio una monetina? Non accetterà da te una perla al suo posto.
Ciò che tu custodirai per Dio, Dio lo custodirà per la tua salvezza.
La vita nello Spirito richiede in primo luogo tempo e fedeltà. Se, infatti, non è possibile che uno impari le arti del mondo senza persistere per molto tempo nella fedeltà dei loro commerci - e solo allora il pensiero afferra l'oggetto e il modo della pratica dell'arte che ha deciso di imparare -, quanto più questo è valido per noi. Se un'arte visibile agli occhi richiede tanto tempo e fedeltà di impegno, quanto più l'arte dello Spirito, che l'occhio non vede, per la quale non si conosce ciò da cui la si può apprendere, e che necessita di una grande purezza! Il maestro in questo è lo Spirito, e l'arte è nascosta.

7. La stabilità e la perseveranza

Grande è la potenza di una condotta minima, quando questa è unita alla fedeltà. La soffice goccia, per la sua fedeltà, scava anche la dura roccia.
Ogni condotta che è senza stabilità e di poca durata, si trova ad essere anche senza frutti.

8. La veglia

Non pensare, o uomo, che tra tutte le fatiche degli asceti vi sia una pratica più grande e più preziosa della fatica della veglia.
Da' spazio alle fatiche della veglia e troverai che la consolazione è vicina, nella tua anima.
Appresta tutto, con ogni mezzo, affinché, tra l'ufficio della notte e quello del mattino, vi sia un tempo per quella meditazione che è utile alla tua crescita nella conoscenza divina, per tutti i tuoi giorni. Anche questo è importante nella pratica della veglia; non credere che la veglia consista solo nella ripetizione.

L'anima che si affatica nella condotta della veglia diventerà esperta, otterrà occhi di cherubino per la fi­nezza dello sguardo e l'acume.
Io prego te, che sei capace di discernimento e che desideri acquisire la vigilanza dell'Intelletto in Dio e la conoscenza della vita nuova, di non trascurare per tutta la tua vita la condotta della veglia; perché da essa i tuoi occhi saranno aperti per vedere l'intera gloria della condotta e la potenza della via della giustizia.
Tu manchi di discernimento se ... pensi che le veglie siano finalizzate alla fatica in se stessa e non a qualco­sa d'altro che da esse è generato.
Bilancia del sonno è chiaramente l'equilibrio del ventre.

9. Il digiuno

DISCEPOLO: Per colui che ha rigettato dalla sua anima tutti gli impedimenti ed è entrato nella casa della lotta, qual è l'inizio della sua battaglia contro il peccato? E da dove inizia lo scontro?
MAESTRO: E’ noto a chiunque che la fatica del digiuno precede qualsiasi lotta contro il peccato e i suoi desideri, soprattutto per colui che combatte il peccato che è dentro di sé. E il segno dell'odio per il peccato e i suoi desideri, in coloro che scendono in questo combattimento che è invisibile, è reso visibile dal fatto che iniziano con il digiuno, seguito dalla veglia notturna. Colui che per tutta la sua vita ama la consuetudine con il digiuno, è amico della castità.
Il digiuno è la dimora di tutte le virtù, e chi lo disprezza mette a repentaglio tutte le virtù. Infatti, il primo comandamento stabilito in principio per la nostra natura la diffidava dal gustare un cibo, e proprio in questo cadde il nostro antenato. Quindi gli atleti del timore di Dio, quando si accingono alla custodia delle sue leggi, iniziano la loro costruzione proprio da lì dove è venuto il primo danno.
Anche il Salvatore nostro, dopo la sua manifestazione al mondo presso il Giordano, iniziò di qui. E scritto infatti: "Dopo che fu battezzato, lo Spirito lo fece uscire nel deserto, e digiuno quaranta giorni e quaranta notti ­ e tutti coloro che seguono le sue orme, poggiano l'inizio della loro lotta su questo fondamento.

10. La castità
Ama la castità, per non essere confuso al momento della preghiera, davanti a chi ti muove battaglia.
Ogni piacere dello Spirito è preceduto dalle tribolazioni della croce, mentre il piacere del peccato è generato dal riposo del corpo. Per questa ragione, nel porto della castità c'è la contemplazione dello Spirito che risana l'Intelletto, ma è l'amore spirituale che ne è la causa. E poiché non si dà una realtà seconda senza la causa che la precede, né una terza virtù senza quelle che vengono prima di essa, tu troverai che è nel grembo della castità che spuntano le ali dell'Intelletto, per mezzo delle quali esso si leva verso l'amore divino; quell'amore nel quale si osa scrutare l'oscurità.
Fratello mio, lava le bellezze della tua castità con le lacrime e il digiuno, e abitando da solo con te stesso.

11. La cella e la solitudine

Dimora nella tua cella, e la cella ti insegnerà ogni cosa.
La cella del monaco, secondo la parola dei padri, è la cavità della roccia dove Dio parlò con Mosè.
Molte volte accade durante le ore del giorno che se anche a un fratello fosse dato il regno della terra, non si persuaderebbe in quell'ora a uscire dalla sua cella, neppure se qualcuno gli avesse bussato. E' il tempo improvviso del commercio. Quante volte queste cose vanno e vengono nei giorni che sembrano di rilassamento: improvvisamente la grazia visita quel fratello, per mezzo di lacrime senza misura, o per mezzo della forza di una passione che grida nel cuore, o per mezzo di una gioia senza ragione, o per mezzo della dolcezza che la prostrazione procura.
Conosco un fratello che aveva già messo la chiave nella porta della sua cella per chiudere e così uscire a pascere il vento, secondo la parola della Scrittura, quando lo ha visitato la grazia e subito è tornato indietro.
La solitudine ci rende partecipi della mente divina e, in poco tempo e senza ostacoli, ci avvicina alla limpidità del pensiero.
Dovunque tu sia, sii solitario nella tua intelligenza, e solo e straniero nel cuore, e non immischiato.
In qualsiasi luogo tu entri, per tutti i tuoi giorni, considerati uno straniero, per poter sfuggire ai grandi mali che nascono dalla familiarità.
12. La quiete
La quiete, come ha detto il beato Basilio - quella lampada che splende su tutta la terra -, è il principio della purificazione dell'anima. Quando, infatti, le membra esteriori si acquietano dal rumore esteriore, allora la mente ritorna dal suo vagare, nel suo luogo interiore, e il cuore si desta per ricercare i moti interiori dell'anima.
Quando i sensi sono circondati da una quiete che non ha confini, e i ricordi grazie al suo aiuto invecchiano, allora percepisci la natura dei pensieri dell'anima, di cosa sono fatti e di cos'è fatta la natura dell'anima, e percepisci quali tesori sono nascosti in essa.
L'anima del solitario è simile a una fonte d'acqua, secondo la similitudine impiegata anche dagli antichi padri. Infatti, ogni volta che si acquieta da tutti i moti dell'udito e della vista, il solitario vede, in modo luminoso, Dio e se stesso, e attinge dall'anima acque limpide e dolci, che sono i soavi pensieri della saldezza.
Quando invece si accosta a quei moti, a causa dell'intorbidamento che ne riceve, l'anima è resa simile a uno che cammina di notte, mentre l'aria è coperta dalle nubi e davanti a lui non è visibile né la strada né il sentiero, ed egli erra facilmente per luoghi deserti e pericolosi. Quando però si acquieta insieme alla sua anima, come uno su cui soffi un limpido vento e sulla cui testa l'aria sia chiara, comincia di nuovo a risplendere davanti a se stesso, vede ciò che lui è, discerne dove si trova e dove gli si chiede di andare, e vede di lontano la stanza della vita.